La sinistra italiana, è ormai un’ovvietà, ha urgente bisogno di unirsi, o anche solo di federarsi. E di costituire un “nuovo soggetto politico”, in grado di misurarsi con le sfide e i problemi del nostro tempo. È pertanto in gioco un processo politico e culturale che necessariamente pone l’accento più sulla “innovazione” che sulla “continuazione” o sulla “restaurazione” della sua cultura politica del passato. Un processo che, per riuscire, non può prendere la scorciatoia, di corto respiro e di piccolissimo cabotaggio, del puro e semplice assemblaggio di gruppi dirigenti, spesso autoreferenziali e di cattiva qualità etica e culturale, e quindi necessariamente di cattiva qualità politica.
Si tratta di procedere al lavoro attorno al retroterra culturale e teorico, di analisi, in grado di illuminare l’agire politico. E questo lavoro, pur in diretta relazione con l’agenda politica, non può obbedire a direttive da commissari politici, da diktat di qualunque natura e origine. Un minimo di autonomia è requisito primo per assolvere al compito stabilito, proprio a beneficio, in ultima istanza, delle formazioni politiche, dei movimenti, dei soggetti deboli della nostra società, dell’intera società italiana.
Occorre ribadire ancora una volta che i tempi della politica e i tempi della cultura politica, per forza di cose, non coincidono. Spazio, tempo, risorse occorre dedicare all’attività culturale, a fianco ovviamente alla necessaria attività politica e di movimento.
Si tratta infine in Italia di superare la paradossale condizione per la quale, a fronte di una grave crisi economica e di un aggravamento serio delle condizioni sociali ed esistenziali delle classi subalterne, unitamente ad ampi strati di ceto medio, la sinistra è ai suoi minimi storici della rappresentanza politica, del suo ruolo complessivo nella società italiana. In Italia non abbiamo avuto lo shock, la guerra sociale, l’emergenza umanitaria, com’è avvenuta in Grecia. E da qui Syriza e la vittoria alle elezioni politiche. Oppure il processo peculiare spagnolo, e da qui Podemos. La via italiana è ancora da scoprire, da costruire. La “Coalizione Sociale”, attorno alla Fiom, è uno tra i tanti tentativi messi in atto in questi anni.
In gioco sono la valorizzazione e la socializzazione-democratizzazione della “funzione politica”, non più semplicemente delegata ai politici di professione, e la valorizzazione e la socializzazione-democratizzazione della “funzione intellettuale”, non più semplicemente delegata all’intellettuale o all’accademico di professione. Il protagonismo del militante o dell’attivista sociale hanno questi due aspetti come retroterra.
La novità del movimento antiliberista, nel quale ovviamente agiscono anche le formazioni politiche, la sua peculiarità, risiede nel fatto che la feroce sfida lanciata del neoliberismo ha costretto le diverse matrici politiche e culturali, i diversi soggetti antisistemici, a prodigarsi per uscire dall’incomunicabilità, se non dalla concorrenzialità, tipica di stagioni politiche del recente passato, e a porsi in una relazione efficace, nella prospettiva della convergenza.
Essendo il neoliberismo una filosofia complessiva del potere, totalizzante e a tutti livelli, ed essendo il capitalismo una formazione sociale in cui “tutto si tiene”, l’acquisizione forte del movimento è stata che ogni corrente ideale e politica sia da considerarsi fondamentale, ogni soggetto sia da considerarsi indispensabile per poter essere all’altezza della sfida. La pari dignità e l’inammissibilità della rivendicazione della primogenitura da parte di una corrente o di un soggetto hanno qui il fondamento oggettivo. Non più la rivendicazione ora della primazia dei partiti, ora della primazia dei movimenti, ora della primazia della contraddizione capitale-lavoro, ora della primazia della contraddizione produzione-ambiente e uomo-natura, ora della primazia della contraddizione di genere e via di questo passo.
Un problema, poiché le formazioni storiche e sociali, anche a sinistra, spesso sono considerate solo dal semplice lato del “modo di produzione”. Da qui l’attenzione, “economicistica”, per la sola sfera della produzione e non l’attenzione per la totalità sociale, come “sistema”, per la riproducibilità o meno del sistema (“sviluppo”, “malsviluppo”, “decrescita” ecc.), per la grave questione climatica e ambientale, per la sfera antropologica e culturale, per la sfera della vita quotidiana, per l’alienazione sempre crescente del vivere in questa formazione sociale. Fatta salva ovviamente la dinamica strutturale, delle classi e dei loro reciproci rapporti.
Le dinamiche del potere nel neoliberismo pongono al movimento e ai partiti antiliberisti problemi anche inediti. Pongono l’eterno problema della conciliazione delle forme diffuse di partecipazione diretta, di “democratizzazione della vita quotidiana”, delle alternative qui ed ora, con l’ineludibile e ineliminabile livello politico-istituzionale. Con l’ineludibile problema della teoria e della pratica della costituzione e della selezione di gruppi dirigenti dei partiti della sinistra, ma anche di gruppi dirigenti del movimento, di alto profilo etico, culturale, politico. È un compito importante poiché mette in discussione vecchie modalità difficili a scomparire, con un nuovo che fatica a nascere. Abbiamo bisogno di curare e di migliorare la nostra formazione culturale e teorica, in breve la nostra cultura politica.
Dal nostro versante cerchiamo, bene o male, di praticare due parole d’ordine, due assi di riferimento: la “convergenza nella diversità” e la “politica come bene comune”. Contro l’autosufficienza culturale e ideale, contro i due mostri speculari: l’alienazione dell’antipolitica e l’alienazione del politicismo tutto istituzionale e spesso svuotato di contenuti e di valori di riferimento, spesso degradato a pura manipolazione dell’esistente, a ingegneria elettorale, organizzativistica, senza respiro strategico. Per la sinistra unita, l’interlocuzione dev’essere ampia e improntata sulle due discriminanti: pari dignità e nessuna primogenitura di ogni corrente ideale e di ogni soggetto. Abbiamo bisogno di rimotivare forze sociali e intellettuali, forze etiche e politiche preziose, spesso inutilizzate, scoraggiate, disperse, nascoste, e abbiamo bisogno di attrarre forze fresche e vive, soprattutto giovani, e rendere loro accessibili sedi e strumenti per esprimersi, per rendere operante il loro contributo.
I processi veramente profondi nella storia e nella società non si escogitano a tavolino, ancorché vengano pensati ed elaborati a questo livello. È il processo storico reale a decidere in definitiva. Ma l’elaborazione culturale (la ricerca e l’analisi dell’esistente, dell’essere-proprio-così) e la coscienza di tali processi e di tali tendenze aiutano e sistematizzano. Possono e debbono aiutare la crescita e lo sviluppo del “nuovo soggetto politico”. Per sfuggire al vecchio, nefasto paradosso, racchiuso nella locuzione “chi sa non agisce, chi agisce non sa”.
La Rete delle Alternative vuole contribuire ai processi in atto per una “buona politica” della sinistra. Questa è l’intenzione. Ci si impegna, ma i risultati dipendono ovviamente dallo sforzo e dall’impegno complessivi, non solo da noi.
Un ambito importante di lavoro sarà rappresentata, tra le altre cose che si ha intenzione di perseguire, da un’attività di formazione permanente, attraverso una Libera Università o Scuola della Formazione Permanente affinché i risultati della ricerca, delle analisi e delle inchieste vengano socializzate e possano diventare bagaglio culturale e politico di chi volesse seguire i corsi. Non sarà la riedizione di scuole di partito, ma una cosa a mezzo tra “cultura per sempre”, alla maniera del Gramsci dei Quaderni, e “cultura per una scadenza immediata e politica”. Una sorta di formazione permanente dell’attivista e del militante, di partito o del movimento, tanto più necessaria oggi nello smarrimento culturale e antropologico, così diffuso.
La Rete è costituita da alcuni organismi iniziali di Bergamo (Circolo Gramsci), Carrara (Punto Rosso), Genova (Punto Rosso-Forum Sinistra Europea), Magenta (Collettivo Punto Rosso), Merate (Punto Rosso), Milano (alcuni attivisti e attiviste, e la newsletter “Tutti i colori del rosso”), Ravenna (Associazione Culturale per la Sinistra di Alternativa), Varese (Rete delle Alternative), Vigevano (Circolo Culturale Rosa Luxemburg). L’auspicio è quello di allargare tale numero di entità e di entrare come Rete in interlocuzione e in collaborazione con altri organismi, con altre entità.
A breve si avvieranno una newsletter e il sito http://www.retedellealterative.it attraverso i quali verranno resi noti la breve dichiarazione d’intenti, le varie sedi, le iniziative, i documenti comuni, i comunicati, gli articoli ecc.